venerdì 15 ottobre 2010

Mariagrazia Benvenuti






 
La sua poesia accompagna le tele, ma subisce graffi profondi, a causa delle atmosfere pungenti, intrecciate con i volumi veri, aghiformi del filo spinato, che sembrano inibire la condivisione delle intense pene di colei che li ha martellati sulla tela. Perfino lo scoppiettio del fuoco del camino è reso attraverso lame di frammenti di vetro, docce di bruto cristallo su sfondi slavati, indolenti, se non fosse per quei versi della Argentino che ci avvisano, nella sontuosità post-classica della loro composizione, che si tratta del dolore causato da una ferita aperta, in cui l'artista si ingegna a "pestare la vita nel mortaio dei sensi..".
Oppure, quell'Ecce Homo avviato al martirio, il cui volto è un'unica colata di vernice lavica, densa e trasparente, fusa su di una testa alla De Chirico, dove però si vede attraverso. Un ovale profondo e marcato, che culmina sulla fronte martoriata da un unico segmento di filo spinato, a semianello, con i sensi del dolore evidenti nei tratti verticali, profondi, disegnati a matita grossa, della composizione originaria sottostante. Qui la Argentino parla di "inadeguata sapienza", cosciente che "l'abisso è colmabile, se Dio riprendesse la sua onnipotenza dalle nostre mani". Che cos'è l'Amore, poi, per la Benvenuti! Uno struggente contorno di filo spinato, arrotolato a forma di cuore, in cui i battiti sono piccole bolle di colore bianco, in rilievo sullo sfondo pallidissimo della tela. Soltanto una stria color sangue ricorda l'imperscrutabilità della passione, attraverso la scritta "I love you", ma con l'avvertenza della Argentino che non conviene a quel qualcuno "d'affidarmi la sua paura se io stessa temessi avendone cura di rendergli coraggio". No, meglio che "germogli ardire nel cuore inzaccherato", cosicché sia merito esclusivo di chi soffre, l'essersi elevato oltre il proprio limite terreno.
E nemmeno quell'angelo, dalle ali avvolgenti, le cui innervature sono disegnate con i tratti del ferro irto di spine, può proteggere l'Essere dalle "punture" della vita, in cui non è chiaro se gli spettri siano dentro o fuori di noi, tanto che nemmeno un'esperta indovina può trovare la risposta giusta.. L'evento del parto, poi.. Spezzato nettamente in due tra il "Prima" ed il "Dopo", quando l'essere nuovo fugge via dal suo nido biologico, come fanno gli uccelli quando indossano le ali della vita, anche se si ascolta un "pianto irrefrenabile dello strappo, dopo milioni di anni impreparati, ancora al nascere così come al morire..". La sirena al timone, infine, dove l'onda è tutto, lussureggiante sul piano ribaltato, perché la chimera del vivente è "risacca che spagina il tempo..", ovvero "scoramento del vivente che torna in alto mare..". Ed il turbinare degli elementi naturali è tutto dentro l'occhio, profondamente mascarato all'interno dei suoi confini di filo spinato, in cui i filamenti di rimmel risalgono verso l'iride disegnato nel caos roteante, come accade durante i giorni di pioggia, quando il vento forte della velocità fa risalire lungo il vetro l'acqua che tenta di trovare finalmente pace, giacendo sulla superficie piatta.

(Maurizio Bonanni - L'Opinione)

Nessun commento:

Posta un commento